Lo svizzero di Torre Annunziata
Giovanni Voiello
August Vanvittel era un ragazzone biondo con gli occhi celesti, figlio di Theodor, nativo di Thun, sceso a Napoli nel 1839 ingaggiato dalla compagnia Dubois impegnata nella realizzazione delle ferrovia Napoli-Portici, quando per la prima volta mise piede a Torre Annunziata. Una cittadina florida, allegra, piena di sole e tanta pasta stesa ad essiccare.
Ne restò affascinato e a Napoli rimase per sempre. Una idea cominciò a crescere nel suo animo. Dapprima piccola e modesta, poi sempre più corposa e definita fino a che esplose. August lasciò l'officina ferroviaria di Pietrarsa, conobbe e sposò Rosetta Inzerillo, figlia di un piccolo pastaio di Torre Annunziata, e con lei si ritirò nella botteguccia del suocero a far pasta e sette figli.
Ritroviamo la famiglia ventidue anni dopo, nel 1862, subito dopo l'annessione di Napoli al Piemonte. Non si chiama più Vanvittel bensì Voiello (anzi: Vojello) per quelle trasformazioni misteriose che accadono non si sa quando e non si sa perché. August era morto cinque anni prima, circondato dall' affetto rispettoso dei figli e dall' amore di Donna Rosetta.
Il reggimento delle Guardie Reali era stato sciolto l'anno prima e il figlio primogenito Teodoro ne seguì le sorti. Rifiutò l'arruolamento nell'esercito piemontese che forse considerava più invasore che liberatore, e con la moglie Rosa Carotenuto, che aveva sposato giovanissimo, a 18 anni, subito dopo la morte del padre, continuò l'attività paterna sempre nella botteguccia di un tempo.
L'antico pastificio Giovanni Voiello -
Teodoro Voiello aveva ereditato dal padre il senso pratico degli affari. Era tenace e determinato e con il tempo gli affari prosperarono. Nel 1877 i tempi erano maturi per pensare a un vero opificio.
Teodoro e il figlio Giovanni, che allora aveva 17 anni e naturalmente lavorava con il padre, cercarono il posto giusto. Finalmente lo trovarono: un vasto terreno in Contrada Maresca, nella parte settentrionale della città. Sarà lì che due anni più tardi, nel 1879, sorgerà il futuro Antico Pastificio Giovanni Voiello.
Da allora in poi la storia e il mito di questo pastificio si identificherà con Giovanni. Sarà lui a conferire all'azienda e al prodotto quella precisa fisionomia di alta qualità pervenuta sino a noi.
La pasta di Giovanni Voiello divenne conosciuta in tutto il napoletano e costituiva un punto di riferimento per la qualità. L'aristocrazia e le personalità eminenti di Napoli erano clienti di Giovanni Voiello, così come lo era Don Benedetto (sì, proprio lui, il filosofo Benedetto Croce) fin dal suo ritorno a Napoli nel 1892.
L'epoca d'oro della voiello -
Il 15 marzo 1896 Giovanni, che a 37 anni era ancora celibe, incontrò al Teatro San Carlo, in occasione della Prima napoletana della Bohème, Concetta Manzo, figlia di Cosmo Manzo, il più ricco e importante commerciante di granaglie di Torre Annunziata. Fu un matrimonio felice allietato dalla nascita di otto figli: due maschi, Attilio e Teodoro, e sei femmine.
Nel 1910, che fu l'anno della cometa di Halley, il pastificio Voiello produceva 30.000 quintali di pasta. Cifra rispettabile se si considera che era venduta soltanto sulla piazza di Napoli e solo a chi poteva permettersela. Nuove macchine erano entrate in fabbrica: il meglio di quanto allora offrisse l'industria. Il pastificio passò indenne la crisi della prima guerra mondiale. Sotto la spinta del figlio Attilio, Giovanni Voiello cominciò a partecipare a qualche Fiera internazionale. Sorsero pure i primi concessionari a Torino e a Bergamo. Negli anni successivi si aggiunsero quelli di Milano, Brescia, Firenze e Genova. Poche piazze ma tutte qualificate.
Teodoro imparò moltissimo dal padre, e quello che Giovanni non poté insegnargli lo imparò dagli operai lavorando con loro. Diventò ben presto un tecnico pastaio provetto, gran conoscitore di grani e di processi produttivi. Pastai ben più anziani e con più consolidata esperienza, spesso si rivolgevano a lui per consigli. Giovanni nel 1934, a 75 anni, ricevette la commenda dell'Ordine della Corona d'Italia e nel 1939 si spense serenamente. Con lui finiva il periodo d'oro del pastificio.
Dall'espansione alla crisi -
Nel 1926 quando il secondogenito Teodoro entrò in fabbrica dopo aver fatto il servizio militare, il pastificio produceva 50.000 quintali che diventeranno 60.000 nel 1930, la capacità massima. Teodoro si sposò per primo nel 1936 e Attilio nel 1940, un anno dopo la morte del padre. Venne la guerra, e con la guerra la crisi. I tedeschi in ritirata distrussero il macchinario installato da Teodoro, e bombe alleate caddero sul vecchio stabilimento di Torre Annunziata. Un disastro completo da cui i fratelli Voiello non si ripresero mai più.
Negli anni Cinquanta la produzione era crollata a 20.000 e poi a 10.000 quintali, ma nonostante ciò la fama del nome si era rafforzata. Voiello era diventata un mito.
L'ultima difficoltà fu costituita dal formarsi negli anni Sessanta di nuove strutture distributive a grande superficie: i supermercati.
Attilio e Teodoro resistettero fin che poterono senza accettare mai compromessi sulla qualità. Solo che la qualità non si poteva più vendere con i vecchi sistemi. Il mondo stava cambiando, così, all'improvviso. E il mondo quando cambia non avverte mai prima.
L'incontro con barilla -
L'incontro con Barilla nel 1973 fu risolutivo per la salvezza dell'azienda. Barilla rilevò le quote societarie e subentrò nella gestione rispettando l'autonomia della società.
I fratelli Voiello restarono nel consiglio d'amministrazione con le cariche di Presidente e Vicepresidente, assistiti da un management proveniente dalla casa madre di Parma.
Si riuscì a conciliare la qualità del prodotto con l'efficienza produttiva, ma sempre nel rispetto della tradizione tramandata da Giovanni Voiello.
Il resto è cronaca di oggi.
(Per gentile concessione: Torresette - autore:Antonio Giordano)